«I cittadini di Zugo desiderano una città più vivace»
Partecipazione invece di ordinanze dall’alto: cresce costantemente il numero di comuni che desiderano sentire il parere dei propri cittadini su questioni riguardanti l’utilizzo degli spazi pubblici. Regula Kaiser, responsabile dello sviluppo urbano, racconta di un progetto di partecipazione a Zug e di cosa ha imparato.
Nel 2012 la città di Zugo ha avviato un processo di partecipazione denominato «freiraum-zug» (spazio libero Zugo). Quanti eventi dovrebbero svolgersi nella città? Quando deve esserci silenzio? Quali zone dovrebbero essere utilizzate maggiormente? Queste e altre domande sono state affrontate insieme alla cittadinanza. Alla fine del processo sono nati una Carta e un progetto di utilizzo dello spazio pubblico urbano.
Signora Kaiser, qual è stata la motivazione alla base del progetto «freiraum-Zug»?
Abbiamo constatato che la sempre più rapida densificazione urbana porta a un aumento della pressione per un utilizzo delle aree di maggior spicco dei parchi di Zugo, soprattutto sulla riva del lago. Ciò ha provocato l’allontanamento dei gruppi più deboli, in concreto i giovani, che avevano occupato molto spazio. Noi volevamo dialogare con i differenti gruppi di utenti e portarli tutti attorno a un tavolo. I giovani non sapevano nemmeno di avere la possibilità di difendersi, quando venivano allontanati. Un altro obiettivo era segnalare la grande e variegata offerta di spazi disponibili a Zugo, il cui potenziale talvolta non è stato ancora completamente sfruttato, per es. la Postplatz, la Bundesplatz, la Hirschenplatz, l’Arenaplatz e il Metalli.
Come si è svolto questo processo?
Abbiamo sviluppato questo processo insieme alla Hochschule Luzern – Soziale Arbeit (Università di Lucerna ‒ Lavoro sociale) praticamente dal nulla, non c’erano modelli. In concreto abbiamo organizzato tre grandi workshop, a ciascuno dei quali hanno partecipato dalle 120 alle 140 persone, e altri eventi collaterali. Si trattava di scoprire quali utilizzi la cittadinanza preferisse per determinati luoghi di Zugo, e come queste richieste potessero essere soddisfatte, tenendo conto delle esigenze delle persone e delle caratteristiche dei luoghi. Abbiamo lavorato utilizzando ad esempio delle mappe, su cui i partecipanti hanno potuto visualizzare i propri interessi.
«Si trattava di scoprire quali utilizzi la cittadinanza preferisse per determinati luoghi della città e come queste richieste potessero essere soddisfatte, tenendo conto delle esigenze delle persone e delle caratteristiche dei luoghi.»
Come avete invitato la popolazione a partecipare a questi workshop? Siete riusciti a raggiungere tutti i gruppi?
Abbiamo pubblicizzato l’iniziativa utilizzando i media, le associazioni e il passaparola. Per raggiungere un pubblico più vasto abbiamo anche distribuito opuscoli per strada. Abbiamo raggiunto principalmente le persone di mezza età, i gruppi d’interesse organizzati e i membri di associazioni. I giovani erano sottorappresentati. Perciò ci sono stati eventi collaterali, ad esempio video workshop, un caffè di dialogo e un workshop di pittura per bambini.
E cosa ne è risultato?
La conclusione dei workshop per me è stata questa: i cittadini di Zugo desiderano una città più vivace. Fatta eccezione per i mesi estivi, normalmente gli spazi pubblici sono molto tranquilli. Sul lago sarebbe possibile avere più vita, magari sotto forma di artigianato artistico oppure di offerte gastronomiche. Ma anche nei quartieri le persone desiderano più vivacità. Tuttavia – e questa è stata un’altra scoperta – non tutto può essere gestito dall’amministrazione comunale. È meglio consentire qualcosa in più e pianificare un po’ meno. Con la crescente densificazione urbana il tema spazio libero dovrebbe assumere un’importanza sempre maggiore, insieme ad altri temi come ad esempio l’urban gardening, il cambiamento strutturale nel commercio al dettaglio, le offerte di sharing o gli arredi urbani mobili.
Formalmente abbiamo elaborato una Carta con le tesi su come andrebbe negoziata la vita nello spazio pubblico. Abbiamo suddiviso i desideri di utilizzo della popolazione per zone e li abbiamo fissati su schede. Il consiglio comunale ha stabilito un elenco di provvedimenti per raggiungere gli obiettivi più importanti e porre le basi per il cambiamento.
«Un processo di partecipazione migliora la cultura del dialogo e spesso porta anche a una maggiore varietà di soluzioni.»
Consiglierebbe ad altre città di adottare un processo di partecipazione di questo tipo? Se sì, a cosa occorre prestare particolare attenzione?
Un processo di questo tipo è complesso e costoso, ma ne vale sicuramente la pena! Permette infatti di scoprire direttamente quali argomenti interessano la cittadinanza. Un processo di partecipazione migliora la cultura del dialogo e spesso porta anche a una maggiore varietà di soluzioni. Per la nostra città, in questo momento, «freiraum-zug» è stato proprio la cosa giusta, ha stimolato anche molte discussioni tra noi e permesso la creazione di progetti. Processi di questo tipo, tuttavia, difficilmente si possono copiare. Nascono dalla discussione politica del momento e dal bisogno di agire di una città. È importante che il campo di applicazione sia descritto e delimitato con precisione. La partecipazione non è un parlamento ombra. Le competenze per l’attuazione spettano di regola al Parlamento, che in determinate circostanze può decidere diversamente da come i partecipanti vorrebbero. La partecipazione non è mai rappresentativa. Si deve sempre far sapere ai partecipanti cosa è stato possibile raggiungere e cosa no. In ogni caso attraverso un processo di partecipazione le persone si sentono comunque prese maggiormente sul serio, anche se vengono «solo» informate.