Flessibilità e multifunzionalità
Oggi le aziende chiedono locali che consentano di lavorare secondo schemi flessibili. Come si pone Alfred Müller AG di fronte a questi sviluppi e come risponde alle nuove esigenze dei clienti? Ecco cosa ne pensano il presidente del Consiglio di amministrazione Christoph Müller e il presidente della Direzione aziendale David Hossli.
Home office, co-working, lavoro in mobilità: anche voi sfruttate la libertà e la flessibilità offerte dall’utilizzo mobile di Internet e dal lavoro senza vincoli di luogo? Oppure siete più «vecchia maniera» e vi si trova più spesso nel vostro ufficio presso la sede centrale?
David Hossli: Sono sempre stato un lavoratore relativamente «mobile», perché ho cominciato presto a operare in un contesto internazionale. Spesso mi capitava di lavorare sul laptop al gate dell’aeroporto. Oggi, quando mi sposto per Alfred Müller AG, scelgo il treno: non ho difficoltà a imbastire un progetto seduto nello scompartimento. Le telefonate e le conferenze Skype, però, preferisco sempre farle dall’ufficio.
Christoph Müller: Anch’io faccio uso dei dispositivi tecnici per il lavoro mobile, soprattutto di cuffie Bluetooth, tablet e laptop. Mi sposto prevalentemente in auto e mi sono abituato a partire con mezz’ora d’anticipo in modo da avere il tempo per fare qualche telefonata mentre viaggio, prima degli appuntamenti – una scelta consapevole, non dettata dal caso. Se invece il tragitto è lungo, ad esempio devo andare a Berna, Ginevra o Basilea, allora anch’io prendo il treno e in quel caso, già solo per motivi di riservatezza, rinuncio del tutto a telefonare. Potrei prendere in considerazione l’idea di lavorare in uno spazio di co-working, a patto che non ci siano altre 20 persone nel locale: sarebbe per me una fonte di distrazione. Tutto dipenderebbe dal livello di rumore.
La cultura del lavoro sta vivendo una vera e propria rivoluzione e il fabbisogno di spazi a uso ufficio cambia rispetto al passato. Attualmente 162 aziende svizzere hanno sottoscritto l’iniziativa Work Smart, impegnandosi a promuovere forme e ambienti di lavoro flessibili. In che misura l’impresa immobiliare Alfred Müller AG è toccata da questi sviluppi?
David Hossli: Considerate le dimensioni, piuttosto notevoli, del nostro portafoglio di spazi commerciali, questi fenomeni rivestono un’importanza centrale, poiché modificano la domanda dei prodotti che offriamo. Dobbiamo sapere cosa cercano i nostri locatari e quali esigenze vogliono soddisfare con i nuovi locali. E non si tratta soltanto di produttività e riduzione dei costi, ma anche dell’immagine aziendale, che deve risultare attrattiva agli occhi dei futuri collaboratori. A conti fatti, le ditte vogliono accaparrarsi i talenti migliori e cercano di conquistarli proponendo modalità di lavoro il più possibile interessanti. E non va trascurato nemmeno un altro aspetto strettamente correlato al tema del New Work, ovvero la volontà di smussare i picchi di mobilità. Già oggi si possono prenotare online spazi di lavoro con scadenze ravvicinatissime. Anche questo è un ambito che non perdiamo di vista.
Christoph Müller: In tema di flessibilità, Alfred Müller AG è sempre stata un’azienda innovativa e, quando si è trattato di effettuare investimenti per arricchire il nostro portafoglio immobiliare, abbiamo sempre attribuito un’importanza centrale alla multifunzionalità. Anni fa, a Zurigo, abbiamo realizzato degli uffici open space per una ditta di computer quando il concetto ancora nemmeno esisteva. All’inizio il personale ha mostrato un certo fastidio, ma bisogna dire che in quel momento l’idea era pionieristica. A Steinhausen, Sursee e Stans offriamo già da tempo in locazione singoli uffici orientati al co-working, e sono davvero molto richiesti.
Con i lavori di adattamento e allestimento interno dello spazio di co-working B.Labs nei pressi della stazione di Burgdorf, Alfred Müller AG ha creato un ambiente ideale per chi si affaccia all’imprenditoria, oltre a dare un contributo concreto per promuovere l’insediamento di imprese sul territorio. Come si è approdati a questo progetto e che risultati sta dando?
David Hossli: A Burgdorf abbiamo dato vita a una specie di piattaforma per start-up del settore sanitario. Il progetto è stato concepito da thinkNEO GmbH, che si occupa anche della sua gestione. B.Labs offre postazioni di lavoro fisse e flessibili in un ampio e luminoso ufficio open space che dista solo pochi minuti dalla stazione. I locali sorgono infatti nella vecchia area industriale che ospitava le officine meccaniche Aebi: nello specifico, si tratta di spazi sotto tutela monumentale originariamente occupati da una falegnameria, poi sottoposti a un delicato intervento di modernizzazione. Per noi è stata l’occasione per partecipare a un progetto appassionante, e le persone che adesso vi lavorano sono grate di aver trovato un luogo in cui poter sviluppare il proprio business ed essere produttive. Guardando ai profitti messi a segno nei primi trimestri, tuttavia, ci si rende conto che le cifre sono piuttosto modeste. E si capisce una cosa: prima che una struttura del genere si affermi, occorrono tempo e pazienza. Il rischio finanziario per noi era contenuto, poiché in ogni caso avevamo già messo in conto i costi del capitale e quelli legati all’ubicazione. Le uniche spese che abbiamo dovuto sostenere sono state quelle per la configurazione degli interni, ma si tratta di un’operazione studiata nei dettagli e di sicuro successo.
Christoph Müller: Di fatto, siamo ancora a uno stadio iniziale. L’area è lungi dall’essere completamente occupata, verranno messe sul mercato ulteriori abitazioni. Quando gli inquilini si trasferiranno negli appartamenti ci saranno sicuramente ricadute positive anche per gli spazi adibiti ai servizi.
Anche a Zugo Alfred Müller AG è sul pezzo, grazie alla locazione, sull’LG-Areal, di locali attrezzati a spazi di co-working che i Crypto Valley Labs, azienda fondata dal gruppo di investitori Lakeside Partners, mettono a disposizione di imprese e start-up operanti nel settore della tecnologia blockchain. Sotto quali aspetti una partnership di questo tipo si differenzia da un classico rapporto di locazione?
Christoph Müller: Questo progetto riguarda un utilizzo temporaneo. Volevamo far sì che nell’edificio tornasse un po’ di vita, poiché ci vorranno ancora un paio d’anni prima che entrino in campo le ruspe. I costi necessari per l’adattamento sono stati ripartiti tra la nostra azienda e chi si è fatto materialmente carico della gestione del progetto. Per questo anche la pigione ha una componente variabile, che dipende dal grado di utilizzo dei locali. In quest’ottica, il nostro rapporto con i Crypto Valley Labs si configura come una forma di partnership. Mi spiego meglio: i nostri introiti aumentano in proporzione al numero di spazi di lavoro che i Crypto Valley Labs riescono ad affittare. Il rischio quindi è distribuito su più spalle. Una cosa mi rallegra in particolare: la community di blockchain si innesta davvero alla perfezione nell’ecosistema dell’LG-Areal.
«Ho l’impressione che i locatari siano assolutamente disposti a pagare qualcosa per la flessibilità che viene loro offerta.»
A Baar, nel complesso commerciale Quadrolith, sono disponibili nell’ambito della prima tappa circa 12’700 metri quadri di superfici lavorative strutturate per un utilizzo flessibile. Locatari di primo piano sono Biogen, impresa attiva in ambito biotech, e il gruppo farmaceutico AstraZeneca. Anche in questo caso si tratta di spazi di co-working?
Christoph Müller: No, qui non utilizzerei questo termine. Gli spazi di Burgdorf sono aperti a chiunque voglia affittare una postazione di lavoro per un paio d’ore, per alcuni giorni o per qualche settimana. Nel Quadrolith non è così: l’accesso è riservato unicamente ai collaboratori dei nostri locatari AstraZeneca, Biogen e, dal 1° dicembre 2018, Asset Management Partners.
David Hossli: Nel caso del Quadrolith parlerei più che altro di «work smart». Significa che le postazioni non sono più assegnate in modo fisso a una persona, perché – è il caso ad esempio di AstraZeneca – la maggior parte dei collaboratori è spesso in viaggio o impegnata in progetti di taglio internazionale.
Christoph Müller: In AstraZeneca c’è la cosiddetta Town Hall, una sorta di scala o gradinata auditorium che funge da punto d’incontro centrale in cui si tengono riunioni e sessioni informative: un highlight architettonico che esprime allo stesso tempo la modernità dell’approccio lavorativo. Per me è una bella dimostrazione del fatto che le discussioni non devono per forza avere luogo nel chiuso di una sala riunioni.
Chi prende in locazione uffici in co-working vuole poter avere a disposizione uno spazio a brevissima scadenza, ma anche poterlo lasciare in tempi altrettanto brevi. Si paga solo per ciò che si utilizza, un principio che suona condivisibile e anche allettante. Quali sfide pone però questa imprevedibilità a voi locatori, che certo preferite stipulare contratti di durata prolungata?
David Hossli: Sono convinto che in futuro verranno stipulati meno contratti di locazione classici, con durata fissa. Parlo di periodi di dieci anni o più. Oggi è così che viene generato oltre il 90 per cento dei nostri redditi locativi, ma a medio termine questa quota calerà all’80 o al 75 per cento. Il fabbisogno di forme di utilizzo flessibile è destinato senza dubbio ad aumentare e non possiamo chiuderci a questa evoluzione. Non abbiamo scelta: dobbiamo imparare a gestire l’aspetto della maggiore flessibilità. E Burgdorf è un ottimo terreno sperimentale, in cui accumulare esperienza. Del resto, non è vero che tutti gli spazi di co-working funzionano secondo il principio del «pay per use». Spesso, per poterne usufruire come locatari, occorre una qualche forma di adesione, pertanto i locatori possono contare su un fatturato di base a cui vanno ad aggiungersi i proventi supplementari generati dall’utilizzo flessibile. Ho l’impressione che i locatari siano assolutamente disposti a pagare qualcosa per la flessibilità che viene loro offerta.
Che gli spazi di co-working siano una nicchia rilevante e dal potenziale elevato è dimostrato da svariati studi. Ma forse anche il persistere di un eccesso di offerta di spazi adibiti a ufficio ha spinto gli investitori e i proprietari di immobili a cambiare modo di pensare?
David Hossli: Non credo. I motori alla base del co-working e del «work smart» sono la digitalizzazione e le trasformazioni sociali che la accompagnano. Ma se vuole la mia opinione, questi fenomeni sono anche espressione del benessere che contraddistingue la nostra società: ci sono persone che già con un impiego a tempo parziale guadagnano a sufficienza per mantenersi e non dipendono quindi da un posto di lavoro fisso cinque giorni alla settimana. Per quanto riguarda l’eccesso di offerta, vorrei restituire la giusta proporzione alle cose. Su questo tema vengono spesso diffuse cifre che non corrispondono al vero. Attualmente a Francoforte, la quota di uffici sfitti è pari al 9.7 per cento. A orecchie svizzere sembra molto, perché da noi questo valore si aggira attorno al 5 per cento. Ma nessuno si sognerebbe di affermare che il mercato immobiliare a Francoforte naviga in cattive acque. È vero invece che la concorrenza si è inasprita nel mercato dell’offerta. E quindi in futuro dovremo saper essere ancora più flessibili nel rispondere alle esigenze dei clienti, in continuo mutamento.
Christoph Müller: L’essenziale è fornire una buona consulenza. Cosa cerca il potenziale cliente? Tranquillità, privacy e prospettive di lungo termine oppure superfici open space in un ambiente dinamico? Gli uffici devono avere carattere di rappresentanza oppure conta di più la prossimità alle vie di collegamento? Occorre prendersi il tempo per ascoltare le persone e anche mostrare loro degli immobili di riferimento. Più ampio è il portafoglio, maggiori sono le possibilità di trovare una soluzione adeguata.
«L’essenziale è fornire una buona consulenza. Cosa cerca il potenziale cliente? Privacy oppure superfici open space in un ambiente dinamico? Occorre prendersi il tempo per ascoltare le persone.»