«Il Quadrolith si è rivelato la soluzione perfetta»
Nell’estate 2018, la società Biogen International GmbH ha trasferito la propria sede da Zugo a Baar. Nel complesso commerciale Quadrolith l’impresa ha trovato un prestigioso edificio di nuova costruzione capace di riunire sotto lo stesso tetto tutti i collaboratori attivi nella regione e di rispecchiare il ruolo leader dell’azienda nel campo delle neuroscienze. Attraverso un’innovativa concezione degli spazi, Biogen incoraggia la collaborazione interna. «Solo così siamo in grado di addentrarci in ambiti di ricerca ad oggi inesplorati», sottolinea Dott. Alessandro Marcuzzi, membro dell’organo direttivo e responsabile di sede.
Cambiare sede è un progetto molto impegnativo per un’azienda. Cosa ha spinto Biogen in tale direzione?
I motivi sono stati diversi. Da una parte, i locali della nostra sede a Zugo erano alquanto datati e non rispondevano più alle nostre esigenze. L’impulso decisivo, tuttavia, è venuto dal fatto che gli uffici – e dunque il personale – non si trovassero in un unico edificio, ma fossero dislocati in più stabili. Ciò ostacolava l’attuazione del modello aziendale di Biogen, che attribuisce una grande importanza alla stretta collaborazione tra team e reparti diversi. A tutto ciò si è aggiunta la nostra crescita come società, con i problemi di spazio che ne sono derivati. In varie occasioni ci siamo trovati in seria difficoltà al momento di sistemare i nuovi collaboratori. Così, abbiamo deciso di cercare una nuova sede, che ci offrisse spazio a sufficienza e fosse in grado di dare espressione al nostro ruolo di impresa di successo nel campo delle neuroscienze.
Perché la scelta è caduta sulla località di Baar e sul Quadrolith?
Non avevamo dubbi di voler restare nell’area di Zugo, divenuta ormai un vero e proprio polo di sviluppo del settore farmaceutico. Quanto al Quadrolith, ci ha convinti innanzitutto l’architettura moderna dell’edificio, che – proprio come la nostra azienda – è sinonimo di progresso e innovazione. L’immobile, inoltre, offre spazio sufficiente a soddisfare le nostre esigenze sia attuali che future, in vista di una probabile crescita. Un ulteriore vantaggio è stata la possibilità di intervenire sin dal primo momento nello sviluppo delle superfici e di mettere in pratica molte delle nostre idee. Abbiamo potuto, ad esempio, allestire un grande ambiente – la cosiddetta Town Hall – che utilizziamo per riunire gruppi anche molto numerosi e perfino per svolgere meeting internazionali in live streaming. Inoltre, ora disponiamo di un ristorante per il personale, di un bar per la pausa caffè e di una palestra. Il Quadrolith si è rivelato la soluzione perfetta, non da ultimo in termini di tempismo.
Quante persone lavorano già nel Quadrolith?
Nell’area di Zugo Biogen conta circa 400 collaboratori, due terzi dei quali hanno già preso servizio nei locali del Quadrolith. Il terzo rimanente vi si trasferirà tra marzo e aprile 2019.
«Proprio come la nostra azienda, il Quadrolith è sinonimo di progresso e innovazione.»
Quali ottimizzazioni ha permesso di compiere il trasferimento nella nuova sede?
Una nostra esigenza fondamentale era concentrare il personale in un unico luogo di lavoro, far sì che coloro che devono operare in stretta collaborazione fossero fisicamente vicini. Non si trattava semplicemente di avere più spazio a disposizione, una superficie più ampia su cui collocare un maggior numero di scrivanie. No, si trattava di mettere i nostri dipendenti nelle condizioni di lavorare insieme – a tutto vantaggio dell’efficienza. Collaborazione e open space sono per noi temi importanti, ingredienti di una filosofia che adottiamo a livello globale.
Naturalmente, abbiamo sfruttato l’opportunità anche per dotarci di tecnologie di ultima generazione. Abbiamo compiuto investimenti cospicui per attrezzare i nostri locali con sistemi ancora più semplici ed efficienti. Sistemi che per noi sono essenziali, giacché molti dei nostri collaboratori e reparti si muovono su uno scenario internazionale e riferiscono direttamente agli USA. Ora possono svolgere videoconferenze con colleghi di tutto il mondo. Non devono far altro che collegare il computer e premere un tasto ed ecco che la riunione è organizzata e una videoconferenza di qualità tecnica ineccepibile è pronta a iniziare.
Quali considerazioni hanno inciso maggiormente sulla progettazione degli spazi?
Su un punto non avevamo dubbi: dovevano essere spazi ampi e aperti. La nostra azienda attribuisce alla collaborazione un ruolo centrale. Quale pioniera nel campo delle neuroscienze, Biogen si spinge continuamente oltre i confini del noto, inoltrandosi in ambiti mai esplorati prima. Un obiettivo che può raggiungere solo eliminando i compartimenti stagni e favorendo la sinergia tra attori di sfere diverse. Eccezion fatta per il team Legal & Compliance, nessuno ha un ufficio proprio nel Quadrolith, neppure i dirigenti. Quali team dovessero essere affiancati, e come, è stato a lungo tema di dibattito. Ne abbiamo discusso per mesi, fino a definire, con il contributo dei capireparto, l’organizzazione degli spazi e delle offerte ai vari livelli.
Com’è stato accolto il progetto dai collaboratori?
Sin dal primo momento abbiamo comunicato apertamente al riguardo con i nostri collaboratori, coinvolgendoli attivamente e invitandoli a trasmetterci eventuali dubbi o considerazioni. Nella fase iniziale, i nostri architetti hanno interpellato rappresentanti di tutti i livelli gerarchici per chiarire i desideri e le esigenze del personale. Per gli aspetti generali dell’allestimento – dunque ad esempio per la scelta dei pavimenti e del mobilio – abbiamo nominato tra i collaboratori 30 cosiddetti change agents. Ci siamo incontrati con loro a cadenza pressoché settimanale, per esporre le nostre idee e le proposte degli architetti o della società Alfred Müller AG e integrare il loro punto di vista nelle decisioni finali. Con queste misure abbiamo conseguito un’ampia accettazione e ci siamo assicurati che tutti conoscessero l’aspetto e le caratteristiche dei futuri locali.
«Per molti collaboratori lavorare in un ambiente open space si è rivelato una sfida, soprattutto sul piano emotivo.»
Il concetto di ufficio open space ha costituito una novità per i collaboratori?
Lavorare in un ambiente open space significa passare dall’io al noi. Per circa un terzo del personale non si è trattato di una novità. Per molti, tuttavia, si è rivelato una sfida, soprattutto sul piano emotivo. Non sono mancate, inoltre, le riserve per aspetti quali l’acustica o la privacy. Anche per questo era per noi essenziale coinvolgere i collaboratori nel progetto e creare a ogni piano non solo sale riunioni, ma anche spazi chiusi per il lavoro individuale. I nostri architetti hanno attribuito un’enorme importanza alla ricerca di soluzioni ottimali a livello di comfort acustico. Con pavimenti fonoassorbenti, lampade e accorgimenti di vario tipo hanno ottenuto un eccellente risultato.
Quali sono state le reazioni dei collaboratori?
Abbiamo ricevuto un feedback molto positivo, anche da parte dei più scettici. Da un lato, ciò dimostra che abbiamo saputo comprendere le varie esigenze e tenerne conto nella gestione del cambiamento. Dall’altro, ha aiutato molto che tutto sia filato liscio come l’olio – il che non è affatto scontato quando si è alle prese con un progetto di questa entità. Se non ci sono state brutte sorprese, il merito è anche dell’ottima collaborazione in seno al gruppo di progetto e con i nostri partner, le società Alfred Müller AG e Unispace Global AG, che ci hanno affiancati in fase sia di progettazione che di realizzazione.
Dall’inaugurazione della nuova sede si nota già un aumento della collaborazione?
Sì, direi proprio che siamo riusciti a eliminare i compartimenti stagni che isolavano i reparti. Tanto è vero che si nota già un incremento dell’efficienza. Persone di reparti diversi si incontrano nelle aree relax al terzo piano, al bar, al ristorante, nei corridoi, sulla terrazza (specialmente quando il clima è mite) e via dicendo. Da quando ci siamo trasferiti, io stesso ho conosciuto vari collaboratori che lavorano nella nostra azienda da tempo, ma in cui non mi ero mai imbattuto prima. È un vero piacere.
Ci sono ancora fronti aperti a livello di ottimizzazione?
Diciamo piuttosto che stiamo consolidando le conquiste, perfezionando, ad esempio, le condizioni di climatizzazione, acustica e illuminazione. Siamo sempre in ascolto delle considerazioni dei nostri collaboratori, cui forniamo ogni due settimane un aggiornamento sulla situazione. Riceviamo ancora molti feedback e cerchiamo di venire incontro alle esigenze che consideriamo rilevanti per l’intera azienda. Una questione importante è, naturalmente, la «fase due», ossia il trasferimento del resto del personale nel Quadrolith tra marzo e aprile 2019. A quel punto, saremo tutti riuniti sotto uno stesso tetto.